Daniele Santoro
- 02/11/2010 15:42:00
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Ho avuto modo di interessarmi di Furia, recensendo il suo bel libro “Pentagrammi”; constato, pertanto, quanto più appropriate e precise siano state le osservazioni fatte da Alaimo nella sua acuta, illuminante recensione apparsa sullo stesso sito. Quella di Furia è una poesia, azzerderei, sinestetica, cioè che ricava la sua forza da un linguaggio costruito su sfere sensoriali diverse, ovvero che muove lungo due assi portanti; il visivo e l’auditivo, bene intrecciati tra loro e miranti a un “linguaggio iconico” (scrive il poeta), alla costruzione di una sonorità visiva e/o viceversa, secondo una modalità scritturale singolare e condotta con abile regia. I versi brevi (finanche versicoli) di cui è composto questo “scroscio” musicale di “Perfette trasparenze” disegnano una cascata di lemmi che, asserviti rigorosamente allo stile nominale, contribuiscono sia a rendere in vario modo il quadro, o piuttosto la sinfonia del testo, sia ad esaltare il fascino che la parola ha di evocare immagini, suoni, di suggestionare, sorprendere, illuminare eppure sollecitare a interrogazioni che non attendono necessariamente risposte (trovo bello proprio l’inserto della parentesi in cui le stesse sono allocate, quasi fossero una voce fuori campo dell’autore, un coro di manzoniana memoria?). Furia opera – sua costitutiva, direi - attraverso il ricorso ad un calibratissimo uso della parola, spesso impreziosita da un’aggettivazione di gusto barocco (gusto barocco che pure ha richiamato, menzionando Marini, l’ottima Alaimo, nella summenzionata recensione), come si evince proprio dall’inedito quivi ospitato. Lo si legga con un certo andamento per coglierne la bellezza, per lasciarsi inondare dal flusso delle parole. Io ho fatto così e, peraltro, un lapsus mi ha travolto al quarto verso: “giammai” tramutarsi straniantemente in “gemmee”! Potenza della poesia e della sua capacità - “giammai” incapace - di sorprenderci! D.S.
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leopoldo attolico
- 01/11/2010 16:47:00
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Le "trasparenze " di Marco Furia , con lintermittenza dei riferimenti coloristici e la loro accentuata visibilità , si offrono come visione ( come desiderio? ) di un mondo in progress , certamente colmo di futuro, aperto ad ogni ipotesi di bellezza non peregrina ( ... )
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